Il ritorno dei lupi del Pacific North West
Nel grande panorama del post-metal, di cui è ormai diventato stendardo il festival olandese Roadburn, uno dei nomi di punta è certamente diventato quello degli americani Wolves in the Throne Room. Complice, in parte, l’appellativo di cascadian black metal e un’attitudine ambientalista da cuore di metallo e barba laccata, i ragazzotti di Olympia hanno brillato fino a Thrice Woven, loro ultimo album del 2017. Per poi, effettivamente, sparire dai radar.
I Lupi pubblicheranno il nuovo disco il prossimo 20 agosto. Intitolato Primordial Arcana, sarà il primo con il nuovo cantante e chitarrista Kody Keyworth, che ha fatto parte del processo di scrittura fin dall’inizio e che, tutto sommato, non sembra far rimpiangere Nathan Weaver (e nemmeno far notare molta differenza, a esser sinceri). Avendo sempre in considerazione che – come detto da Aaron Weaver, bassista e fondatore della band – uno dei concetti fondanti del gruppo è quello di incanalare le energie del paesaggio del Pacifico nord-occidentale in forma musicale, anche questa volta i crismi sono tutti in ordine.
Le tirate in blast beat, il grattugiare dei riff, le atmosfere boschive aperte dei pad, i testi di ritualità sacra, oscurità e poesia panica, i panorami silvestri e innevati: tutto contribuisce a sancire la proposta dei Nostri e li riconferma quali rappresentanti di un legame arcaico dell’uomo con la natura, intagliato nella corteccia di una musicalità oscura e megalitica.
Grazie al satanismo di rito – ma solo nel senso di fondamento estetico e panismo epicheggiante – sono riusciti a mettere insieme il black metal scandinavo con il verbo psichedelico ed evocativo dei Neurosis, in una maniera certamente autentica e non troppo artefatta. Sicuramente la loro presenza scenica – fuoco compreso e divieto di cellulari (per quanto possibile) durante i live – e il loro fascino mistico sono un valore aggiunto a uno stile musicale che oggi vanta innumerevoli cloni.