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Powerwolf: Beast of Gévaudan
Licantropia portami via!

Homo homini licantropus, come diceva Thomas Hobbes prima di trasformarsi in un ristorante vegetariano francese.

La bestia di Gévaudan è esistita davvero. Hanno cercato di fermarla in tutti i modi: le ricompense reali hanno scatenato vasti eserciti di cacciatori professionisti e improvvisati. Hanno partecipato persino indiani d’America praticanti arti marzial… ah, no, quello era solo un film intitolato Il patto dei lupi, ispirato comunque alla medesima faccenda di un mostro peloso che divorava pecore e persone, le quali persone, evidentemente, come dice il proverbio, “si facevano pecore”, ma non come in Sardegna.

Perdonate il tono scanzonato ma stiamo per parlarvi dei Powerwolf e la modalità ironica deve essere necessariamente su on, se si vuole uscirne con l’intelligenza salva e non fatta a brandelli dalle unghiute melensaggini di questi peluriosi ceffi iperproteici.

I Powerwolf sono una concept band tedesca incentrata sulla figura dell’uomo lupo. Praticano un metal molto tastierato e vitaminico che starebbe bene a far da sigla a un Dragonball di serie Z invece delle caverneadi saghe lupine con cui Attila Dorn seguita imperterrito ad assediare il recinto della nostra ragione pecorina. Sono tedeschi di Cermania e fanno album dopo album tutti rigorosamente alla tetesca, vale a dire senza sgarrare di un watt e di una sbavata digitale. Con una media indefessa di uno all’anno. Ovviamente sanno come inculcare nel cuore sapide melodie da combattimento e pescar su, da nordici furbacchioni, il guerriero, pelame a parte, che alberga in tutti noi.

Beast of Gévaudan, a guardare il video, si inerpica su un crossover cristocanaro che farebbe la gioia contenuta di Richard Benson, con un finale al sangue che stria le candide vesti della Vergine Maria. Potente, non c’è che dire, esattamente come la burina melassa da cantare tutti in coro fino al fondo del boccale, al prossimo festivalone metallico di Bafiera. Up the Wolves!

Powerwolf 

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