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Satanic Planet: Satanic Planet
Manicure infernale

Ecco cosa succede quando il diavolo si cala un trip.

Spesso la percezione delle cose è viziata da uno o più elementi vistosi che, pur catturando l’attenzione, in realtà non sempre risultano essere il vero nocciolo della questione. Semplificando, nella sua accezione negativa, questo processo viene descritto come “specchietto per le allodole”.

È curioso vedere come i Satanic Planet vengano presi poco sul serio da critica e pubblico. Al netto della bontà o meno del loro manifesto ideologico (che potrebbe essere tanto serio quanto una gloriosa presa in giro) la loro proposta musicale in realtà non si discosta molto da ciò che gruppi come Fantômas o Mr. Bungle hanno elevato ad arte sonora. Certo, qui le soluzioni sperimentali sono spinte all’eccesso, ma non era proprio il gusto di abbattere le barriere per superare i limiti il motore trainante di certe proposte che tanto hanno infervorato ascoltatori e scribacchini di mezzo mondo?

Il “problema” è che stavolta Mike Patton non c’è (ma sono presenti alcuni suoi illustri compari) e manca quindi il sopracitato specchietto per cui “non si può parlarne male”. E giù di critiche al vetriolo o risatine.

Peccato, perché i Satanic Planet dimostrano come l’alchimia folle creata da Luke Henshaw, Lucien Greaves, Dave Lombardo e Justin Pearson funzioni a meraviglia: un mix allucinogeno di avant-garde, cut-up, exotica e reminiscenze industriali dove i monologhi visionari e atoni di Greaves lasciano un grosso punto di domanda sopra le macerie fumanti di partiture assurde.

Disturbanti e disturbati, i Satanic Planet sono la cosa più assurda degli ultimi tempi, ma proprio per questo una delle più genuinamente interessanti, con buona pace degli inconsolabili bimbi di Mike.

Satanic Planet Phantomas Mr. Bungle Mike Patton 

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