La vittoria di essere se stessi, alla faccia delle liste preconfezionate.
Il sapore della sconfitta lo si sente tra le righe di un testo scritto di getto. Si nasconde – per lo più – alla musa ispiratrice che abbaglia l’artista, colei che permette al flusso creativo di esplodere in tutto il suo splendore. Celato, mimetizzato in mezzo ad altri pensieri, ma sta lì, in sottofondo, implacabilmente reale e tangibile. Perché ogni autore indipendente sa che le sue opere verranno apprezzate, nel migliore dei casi, da una ristretta cerchia di persone. Il popolo, la massa, non ha tempo da perdere: preferisce lasciarsi nutrire dalla mensa apparecchiata dai soliti noti, uomini senza volto che se prima venivano chiamati majors ora preferiscono vezzeggiativi come playlists o recommendations. Consigli impersonali volti a far girare (per sempre meno tempo) una serie di brani preconfezionati nei lettori di musica liquida di mezzo mondo.
In un mondo così, pubblicare qualcosa sganciato da ogni raccomandazione è già di per sé una sconfitta. Eppure qualcuno ci prova, cocciutamente, alla faccia degli youtuber e degli influencer di turno. E per fortuna.
Andrea Zanolli, alias Rota Carnivora, torna con un nuovo singolo, gioiello pop (nell’accezione più nobile del termine) dove brilla particolarmente quello che decenni fa sarebbe stato chiamato “lato B”. Gipsy si muove in bilico tra folk cantautoriale, suggestioni mediterranee e metriche scomposte, dove nell’intermezzo acustico troviamo echi dal sapore classico pronti a scontrarsi con le percussioni elettroniche minimali e quadrate della strofa successiva. Un approccio lo-fi, crudo e diretto per un brano semplice ma efficace, che vale mille produzioni iperpompate tutte maledettamente uguali sponsorizzate sul social di turno.
Magari non mille (superficiali) ma qualche manciata di estimatori (veri) Rota Carnivora li merita. Ecco allora che con quel feedback, il sapore di cui sopra cambia gusto, trasformandosi in una vittoria, con buona pace del mainstream.