L’orgoglio delle proprie radici in mezzo a un panorama di poesia maledetta.
Il mondo globalizzato ha sicuramente dei vantaggi, a discapito però delle unicità che hanno contraddistinto per secoli le espressioni artistiche. Una delle cose affascinanti di ciò che accadde a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta è stato il proliferare di nuovi modi di intendere la musica.
Prendiamo ad esempio il punk: da una sua costola è nato il post-punk e da lì miriadi di sottogeneri. Fin qui tutto normale, se non fosse che ogni area geografica aveva delle peculiarità sonore e attitudinali nei confronti sia della composizione sia dell’esecuzione, motivo per cui gli orecchi più attenti a tutt’oggi non faticano a riconoscere un brano new wave a tinte dark (Italia), siniestro (Spagna), nowa fala (Polonia) o coldwave (Francia e Belgio).
I Varsovie sono francesi e, pur utilizzando strumenti a corda, la loro provenienza è inconfondibile. L’Ombre et la Nuit è dedicata allo scrittore elvetico “maledetto” Francis Giauque, morto suicida dopo una breve vita fatta di drammi e sofferenze interiori. Il tributo della band transalpina è un tentativo splendidamente riuscito di mettere in musica la violenza lacerante e acida degli scritti del poeta francofono, un post-punk (pardon, coldwave) diretto che gronda emotività a ogni secondo.
Un ottimo pretesto non solo per approfondire la discografia della band ma anche per riscoprire un poeta troppo spesso dimenticato.