La fedeltà a se stessi, ma senza paura di cambiare.
Nella fiaba Le Petit Poucet di Charles Perrault (in Italia conosciuta come Pollicino) il protagonista, cacciato di casa, dissemina la strada percorsa con dei sassolini per riuscire a tornare sui suoi passi. Quelle pietre a ben vedere erano degli indizi, qualcosa che se viste dall’esterno potevano far capire meglio le intenzioni del ragazzo.
È proprio grazie agli indizi disseminati lungo una carriera pluridecennale che il nuovo percorso intrapreso dei Sorry, Heels risulta comprensibile e ovvio. Se da una parte l’ascoltatore medio potrebbe rimanere spiazzato dall’uso dell’elettronica da parte di Simona e Davide – basandosi sulla passata militanza nella band death rock Chants of Maldoror di quest’ultimo – i più attenti avranno sicuramente notato quanto questo lato del bassista non sia mai stato nascosto e anzi, prendeva spesso il sopravvento. Come dimenticare le visionarie versioni dal vivo di Red Communion, con intuizioni al limite della trance dub?
↦ Leggi anche:
Ecco che allora, svincolati da qualsiasi preconcetto, i Sorry Heels riescono a brillare di luce propria risultando letalmente irresistibili. She Burns è un pezzo che il Daniel Ash adulto avrebbe voluto scrivere, così in bilico tra darkwave, shoegaze, trip hop e atmosfere sensualmente noir, dove lei non brucia di passione, bensì letteralmente, legata a un palo.
Il brano si sviluppa attorno a un giro circolare di basso che fa da perno per variazioni sul tema, alternano forte e piano in un crescendo impeccabile valorizzato da una produzione che riesce a dare respiro a ogni strumento pur rimanendo compatta e dritta al punto. Una splendida dimostrazione su come si possa andare oltre gli schemi pur rimanendo fedeli a se stessi.