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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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Hulder: Upon Frigid Winds
L'inconfondibile divisa del Corpo forestale di Gisselfeld

Il grido identitario di una seducente creatura della foresta.

Se c’è una cosa che è saltata all’occhio negli ultimi dodici mesi è quanto i movimenti che si fregiavano dell’aggettivo “alternativo” si siano in realtà rivelati come e peggio dei cosiddetti “regolari”. Mai come in questo periodo si sono lette e sentite nefandezze di ogni tipo, dove il presunto rispetto per il prossimo ha lasciato spazio al ditino sempre puntato, ingozzati di sospetto, dubbio e astio verso il prossimo come oche da foie gras in un’escalation di egoismo e manie di protagonismo, che spesse volte nascondevano un’invidia di fondo (il male peggiore dell’animo umano).

Prendiamo ad esempio la scena metal: sulla carta è tutto un volersi bene, stimarsi e scagliarsi contro le ingiustizie e i luoghi comuni della società. Eppure basta che una donna decida di dare vita a una cosa normalissima come una band da sola (cosa abbastanza comune, soprattutto nella sottonicchia black) che subito partono sottili illazioni a tema “mi ha detto mio cugino che in realtà sono tre uomini e lei canta solamente, e nemmeno tutto”, quasi come se il semplice fatto di essere donna rendesse incapaci di creare qualcosa dall’inizio alla fine senza aiuti esterni. Alla faccia della parità dei sessi.

Anche questo è stato detto e scritto su Marz Riesterer, deus ex machina del progetto solista Hulder (moniker preso da una figura del folklore scandinavo), danese di stanza negli Stati Uniti, che alle quote rosa ha preferito quelle nere.

Eccola quindi che, come risposta ideale alle illazioni, pugnala senza pietà con un pezzo sì violento e spietato, ma allo stesso modo oniricamente visionario, figlio nero dei Cradle of Filth degli esordi nonché di act quali Satyricon e Abigor, a unire idealmente il lato sinfonico e quello medievale del black più sanguigno. Upon Frigid Winds è un brano letale che – pur essendo legato a stilemi già noti – nella sua immediatezza spazza via la maggior parte dei rivali per perizia tecnica, fantasia negli arrangiamenti e capacità concreta di creare un’immagine affidandosi ai suoni e, soprattutto, fa venir voglia di riascoltarla più volte.

Non è poco. Con buona pace dei cugini dei leoni da tastiera.

Hulder 

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