Liberi da qualunque tipo di gravità, anche solo per tre minuti.
I Django Django sono un quartetto britannico al quarto album, e la cosa va evidenziata soprattutto per gli adoratori dei filotti matematici.
Free from Gravity è un singolo praticamente perfetto: dura il giusto, ha un approccio un po’ snob, una melodia accattivante e una serie di ghirigori elettromagnetici che ci rapiscono, sospendendoci in aria e levandoci dalla gravità. Ma quale? Quella in testa, ovviamente. Non tanto, quindi, la forza che ci avvince al suolo, che mette a disagio le nostre lesse fette di camminatori urbani e suburbani, bensì la plumbea cervellata di pensieri gravosi, invettive contro noi stessi, contro il mondo che ci fa brutti e cattivi e contro chi – guarda un po’ – non si prende mai le proprie responsabilità, soprattutto le nostre.
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Ben venga quindi questo scherzoso synth-funk che sembra un pigiama party tra Marshmello e i figli deformi che Robert Smith tiene nascosti in cantina. Il video d’accompagno è spassoso, leggero e seducente, ma non a un punto tale da farci smettere di notare che il ritmo continua a infilarsi sotto i nostri polpastrelli, percorrere a lunghe bracciate le vasche arteriose, risalendo come un salmone le montagne spallose per poi riversarsi nell’idrografia pettorina, dove potrebbe trovarsi, stanco e affamato di piacere, ma ancora voglioso di correr dietro ai battiti, il nostro cuoricino.
Il brano sembra volerci esortare a tirare su la scala e non pensar troppo alle conseguenze di scelte che non siamo stati noi a fare. Siamo cresciuti in un mondo sconosciuto e ci sono state insegnate tante cose contraddittorie. I bambini alieni del video suggeriscono un senso di estraneità delle nuove generazioni fin troppo didascalico, ma il messaggio di fondo è giusto: se non ci avessero detto che non possiamo volare, spostare oggetti senza muoverci o far saltare gli allarmi delle macchine con un solo cenno della mano, forse ora saremmo liberi dalla gravità, esattamente come il calabrone.