Sangue, sudore e lacrime. Le vostre.
E se i Misfits di Danzig pre-Doyle avessero saputo suonare come si deve? E se ci avessero aggiunto un sax acido e caldo? E se avessero avuto innesti di tastiera tipo i Phantom Limbs catapultati nei Seventies? E – a proposito di anni Settanta – se il tutto fosse stato fatto su un palco di un concerto al tramonto della generazione hippie dove il germe nero si stava facendo strada mangiando fiori e cannoni (si, anche quei cannoni)? Si potrebbe prendere il tutto e buttarlo nella caciara garage, ma sarebbe riduttivo.
Gli Add Moss vengono da Martinez, California, 37 mila abitanti e rotti che – oltre a dare i natali a quel simpaticone di Robb Flynn dei Machine Head e Mark Kozelek dei divini Red House Painters – ha avuto pochi motivi per essere ricordata negli annali della musica. Sino a oggi. Perché qui siamo di fronte a roba forte: un sunto spettacolare di tutto quel rock’n’roll mai banale e sudatissimo, ben lontano dalle pagine patinate di Vogue. Quello che fa vibrare l’anima e battere freneticamente il piedino. Un piglio selvaggio affiancato a una perizia tecnica sopraffina per un assalto sonico che non lascia scampo.
Chiunque ami la musica suonata in modo sanguigno non può rimanere indifferente di fronte a A Tomb for All Thrones, un biglietto da visita che farà venire voglia di averne ancora come poche volte capita ultimamente. Una delle rivelazioni del 2021.