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Nick Cave & Warren Ellis: Balcony Man
A quattro mani

Nick Cave & Warren Ellis
Balcony Man

Un’elegia per le vittime silenti del lockdown.

Non c’è vittoria né sconfitta nel dolore. Non c’è gara nella sofferenza. Ogni cosa che renda difficile l’arte del (continuare a) vivere è degna di essere considerata. Perché l’idea di guardare a chi sta peggio è un dogma idiota basato sul senso di colpa, inculcatoci sin dall’infanzia e nato per evitare i capricci, ma che si sviluppa poi nella pessima abitudine di stare zitti e non lamentarsi mai, buona solo per farci sentire ipocritamente più politically correct nei confronti del mondo intorno. Fuori degli individui stoicamente zen, dentro è tutto un altro discorso.

Lo sa bene Nick Cave, che negli ultimi anni ha vissuto la beffa di arrivare alla meritata consacrazione del suo successo proprio mentre cercava di metabolizzare la tragica perdita del figlio. Un lutto che ha segnato in maniera profonda le ultime uscite dei Bad Seeds ma che non può e non deve essere l’unico motivo di dolore universale.

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Checché ne dicano i filosofi della strada in bulimia da social anche “stare inchiodati su un divano per mesi” è terribile, e quel malessere profondo e indotto ha uno spessore e una forza autodistruttiva che solo il tempo ci dirà quante vittime lascerà sul campo.

Con questo album uscito a sorpresa – scritto e suonato a quattro mani con il fido Warren Ellis – il Re Inchiostro va a scavare proprio nel lutto collettivo che questi dodici mesi di stato d’emergenza hanno portato con sé, come corollario alle morti fisiche: decine di migliaia di persone a cui, in un modo o nell’altro, è partita (o sta partendo) la testa, tra rabbia, depressione, arrendevolezza. L’accidia e l’apatia forzata nutrite con divieti e allarmismi per una società che ha tristemente (ri)scoperto l’uso massiccio di anestetici a norma di legge per spegnere il turbinio in overdrive di pensieri, sensazioni e malessere diffuso.

Cave non affonda più la lama come trent’anni fa, ma sostituisce l’assalto fisico con un abbraccio simbolico, fatto di carezze al cuore e parole sussurrate che non parlano di altri, ma di noi. Perché l’uomo sul terrazzo – emblema di questo isolamento emotivo il cui distanziamento fisico è lo stendardo disumanizzante della tragedia in corso – è il vicino di casa, l’amico che vive lontano, il barista, l’attore di periferia. È l’ordinary man, è Nick, siamo noi.

Il senso di comprensione, empatia e speranza che Balcony Man riesce a trasmettere trascende il concetto di forma canzone “da intrattenimento” diventando una Polaroid dai colori caldi che fotografa non tanto una situazione, quanto i sentimenti che ci stanno dietro. Perché ammettere (a se stessi?) che no, non sta andando tutto bene, è il primo passo per cercare di ricominciare a vivere sognando davvero di lasciare quel balcone e scendere le scale per uscire nuovamente, abbracciando l’essenza dell’esistere invece di abituarsi alla depressione fino a decidere di saltare la ringhiera.

Come sempre, Cave riesce a toccare corde che sfuggono ai più, usando parole pesate ma interpretando ogni singola sillaba sino a darle vita, facendola sembrare la cosa più semplice e naturale del mondo. La sua grandezza è racchiusa proprio qui. Con gli occhi lucidi e stanchi, le labbra tremolanti e i nervi a pezzi, accenniamo – finalmente – un sorriso dal terrazzo e ringraziamo di essere considerati, per una volta, “umani”.

Nick Cave & Warren Ellis Nick Cave Warren Ellis 

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