Ballare scalzi sopra muri ricoperti di cocci di bottiglia, mentre fingi di non essere i Soft Moon.
Una premessa: bisogna essere onesti, parlare di Luis Vasquez e dei Soft Moon è la stessa cosa. Un po’ come i Today Is the Day e Steve Austin. Questo per dire che il nuovo album solista in realtà è la continuazione di un percorso iniziato molti anni fa, anche se in chiave prevalentemente strumentale.
Quello che è sicuro è che il personaggio in questione deve portare dentro di sé dei pesi laceranti. Non si spiegherebbe altrimenti la traiettoria che ha dato alla sua musica nei 12 anni di carriera.
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I Soft Moon erano partiti come uno dei nomi più promettenti di tutta la scena revival new wave/post-punk e, invece di ammorbidirsi smussando gli angoli a ogni successo, hanno preferito inasprire i suoni, arrivando negli ultimi tempi a immergere le reminiscenze ian-curtisiane in una tempesta elettronica devastante. Lo shoegaze che spesso veniva tirato in ballo quando si parlava di loro si è pian piano trasformato, sino a diventare un device filtrato attraverso tonnellate di distorsioni elettroniche abrasive, con stratificazioni sonore violente e laceranti, qualcosa che porta il concetto di musica da ballo verso estremi che non possono non ricordare gli eccessi di matrice industrial perpetuati dai Nine Inch Nails dance oriented, seppur nella forma più che nella sostanza.
Ciò non toglie che il risultato è da sottolineare: This Guilt annichilisce e scardina pezzo per pezzo ogni punto di appoggio nei confronti di ciò che erano i Soft Moon – e dunque, in qualche modo, Luis stesso – agli esordi, senza perdere per questo efficacia e personalità. Una frenetica danza color nero pece sotto la luce di una luna che di soffice ormai ha solo il nome.