Chiaroscuri in tinte seppia riflessi nello specchio, per dare tempo alla malinconia.
Il grosso problema nascosto degli ultimi mesi non è tanto la mancanza di concerti o delle situazioni conviviali di per sé. Il nocciolo della questione è il tempo. L’enorme quantità di tempo passata con noi stessi, che giocoforza ha messo a nudo una cruda verità che la vita frenetica di prima infilava sotto il tappeto della coscienza: non ci conosciamo abbastanza, e più lo facciamo meno ci capacitiamo di come gli altri riescano a sopportarci.
Ed è proprio in questo continuo turbinio di emozioni, rimorsi, rimpianti e di slanci d’affetto irrefrenabili alternati a momenti di totale insofferenza, che va a insinuarsi quella sensazione che prima era riservata ai vuoti emotivi tipici del camminare sulla via dei ricordi: la malinconia. Quella arresa, a tinte pastello, leggermente fuori fuoco, che gioca nell’aria vuota intorno a noi quasi come una goccia di profumo in una camera iperbarica.
Everything Everything di Indigo Sparke, in tutto questo, suona delicata e impalpabile in filodiffusione, accompagnando i nostri occhi mentre imperterriti scrutano le crepe nei muri, improvvisamente così interessanti e apparentemente pregne di significato. La sua voce è una carezza sulla fronte mentre la musica spinge sullo sterno facendo salire due lacrime, e le parole sono dita che, sfiorando le palpebre inferiori, sono già pronte ad asciugarle.
Fuggire i sentimenti non salverà nessuno da se stesso: meglio prenderne atto, accompagnando il tutto con una colonna sonora adeguata.