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Grace McKagan: Surrender
Buon sangue non mente

Ottimi elementi di distrazione di massa.

Non è facile evitare di farsi distrarre quando abbiamo di fronte un’artista emergente simile. E no, non si tratta solo dell’innegabile piacevolezza alla vista: d’altra parte la mela non cade lontano dall’albero e se tua madre è la modella Susan Holmes e tuo padre è Duff (il bassista platinato bello e maledetto dei Guns N’Roses) di certo le possibilità di essere Mariangela Fantozzi sono poche.

In realtà è proprio colui che ha dato il cognome a Grace che può trarre in inganno: oltre alla solita storia sulle raccomandazioni dei “figli di”, sarebbe stato facile aspettarsi qualcosa very rock and roll. Nulla di più sbagliato. Perché le distrazioni confondono facendo passare i dettagli in secondo piano, ma sono quelli che in realtà rivelano gli arcani. Nello specifico, la maglietta indossata nelle foto promozionali e nel video del singolo di debutto: Love and Rockets.

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Queste sono le acque in cui si muove (benissimo) Grace, in quell’alternative anni ‘90 debitore di un certo modo di evolversi in chiave pop che fece la fortuna degli ex-Bauhaus. Arioso, catchy, sexy e irresistibile, Surrender è il pezzo che mancava in questo momento: suonato e prodotto in maniera eccelsa, si piazza in quell’area della musica non troppo grumpy – ma nemmeno frivola – con il piglio tipico da post-generazione X che portato ai giorni nostri guarda con distaccata superbia i cervelli ormai spappolati da EDM e trap.

Un riffone semplice ma efficace, chitarre pompate sopra una sezione ritmica muscolosa, il bridge superpop che non guasta mai e Grace che si dimostra una Gwen Stefani dei giorni nostri: con queste carte in mano non è difficile immaginare le schiere di adolescenti adoranti in prima fila ai suoi concerti, quando si potrà.

Bisogna ammetterlo: stavolta è davvero una sorpresa.

Grace McKagan Duff McKagan 

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