Nuovi richiami dal profondo degli abissi. Basta solo imparare ad ascoltarli.
A volte semplificare confonde le idee. Come cercare di dare una definizione di “Leviatano”. Cos’è? Un’allegoria sociopolitica? Un mostro mitologico marino? La rappresentazione del caos? La raffigurazione biblica della forza senza il controllo? Tutto questo e molto di più. Curioso come un termine che si pensa di conoscere in realtà nasconda dietro di sé millenni di culture differenti.
Allo stesso modo, è curioso come il nuovo singolo dei Tribulation possa sembrare a un primo acchito un pezzo minore, perché questa è la prima impressione. Ma la colpa è anche dell’ascoltatore.
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Per quanto il nostro cervello possa sforzarsi di credersi completamente digitalizzato, anche a causa del mondo ipertecnologico in cui siamo immersi, le emozioni e quelle cose che ci rendono di fatto “umani” sono analogiche. Hanno i loro tempi di assimilazione e di metabolizzazione. E Leviathans non è un brano immediato, non ha il giro catchy che ha fatto la fortuna di brani come Melancholia, ma è ben lontano dall’essere una minestra riscaldata.
I Tribulation oggi abbracciano soluzioni sonore finora inedite, che sfuggono a un ascolto superficiale, ma che si fanno largo man mano fino a sbocciare completamente una volta assimilate. Ecco allora che ad esempio un riff posto all’inizio fa risaltare una produzione con chitarre e batteria cariche di effetti che lasciano le note suonare liquide su un tempo spezzato in levare, mentre riproposto alla fine, asciutto e con tempo dritto, cambia pelle e spinge il pezzo verso un altro livello.
Giocano con i sensi gli svedesi, e lasciano respirare le partiture dando importanza a pause e silenzi che diventano essi stessi parte integrante della composizione, alzando l’asticella rispetto a quello che precursori del genere come Tiamat e Dark Tranquility fecero nel loro periodo d’oro. Se questo scontenterà i fan oltranzisti che lamenteranno un definitivo distacco dalle radici death, pazienza. Di sicuro farà la gioia di quelli che si aspettano sempre qualcosa di diverso a ogni uscita della band, ed è anche il degno canto del cigno di Hultén.