La vendetta dell’indie che fu sul pop travestito da alternativo.
Ci sono mille motivi che rendono problematico il nascere band nel Belpaese. Uno a caso? L’essere infilati nel calderone etichettato come indie. Un termine ormai fuorviante che può essere un colpo al cuore per chi ha sempre associato quella parola a Hüsker Dü, Big Black, Joy Division o Sonic Youth pre-Geffen ma poi si ritrova in mano paccottiglia da X Factor.
Il progetto The Black Veils nasce qualche anno fa all’ombra della Tårr Måzza e della Tårr Lónga e da lì inizia il suo percorso musicale, fatto di album e concerti, con le radici ben piantate nel post-punk classico di matrice inglese senza disdegnare alcune soluzioni più moderne. Un processo di crescita che ha portato oggi alla pubblicazione di un nuovo singolo che oltre a essere di per sé un vero gioiellino, trova il gruppo a un livello compositivo e interpretativo superiore, confermandolo come di fatto una delle cose migliori sulla piazza nel panorama oscuro e non.
Hyenas si muove in territori musicali già noti ma è la sua inaspettata freschezza ed efficacia a stupire: fa parte di quei brani che se buttati in un DJ set a tema diventerebbe poco alla volta un piccolo cult, con le chitarre liquide che avvolgono una sezione ritmica implacabile dove la voce alterna proclami sbavati a denti stretti a momenti dolci e melodici, creando un contrasto che fa di un pezzo così il miglior biglietto da visita per una band che potrebbe davvero fare il salto di qualità.
Nessuna influenza è nascosta, eppure sono molteplici le sfaccettature che compongono il quadro sonico di Hyenas: un lavoro che diventa mosaico, vero e proprio compendio di 40 anni di musica indie a 360 gradi, di quella vera però.