La colonna sonora ideale per incubi in technicolor.
Si dice che dietro ogni grande uomo ci sia sempre una grande donna. Per similitudine dunque si può dedurre che dietro a un grande regista ci sia spesso un grande compositore.
È il caso di Danny Elfman, colui che è passato dall’essere il leader di una delle band più particolari di tutto il movimento post-punk e new wave (gli Oingo Boingo) al venir riconosciuto come uno degli scorers più acclamati e prolifici – oltre cento film – nel cinema, noto ai più per le colonne sonore delle opere di Tim Burton (tra le tante, memorabili sono quel capolavoro musicale che è The Nightmare before Christmas – in Italia cantato magistralmente da Renato Zero – o il pezzo interpretato da Siouxsie and the Banshees per Batman Returns) e per la sigla dei Simpson.
Torna dopo quasi 40 anni a pubblicare materiale “per sé”, anche se la situazione attuale gli ha rovinato un poco i piani: Happy infatti doveva essere presentata in anteprima al festival Coachella, ma il 2020 è andato come è andato.
Il brano sembra tutto tranne che scritto da un sessantasettenne: un carnevale grottesco dell’assurdo, tra cinismo e black humor buttati su un tappeto sonoro elettronico e barocco con arrangiamenti e soluzioni stilistiche riconoscibili al primo ascolto.
Pur non dovendo dimostrare nulla a nessuno, Elfman tira fuori dal cilindro uno dei pezzi dell’anno, un singolo irresistibile con un testo che il fato ha voluto rendere terribilmente attuale. Inutile dire che starebbe bene in un film, ma stavolta non ci sono immagini ed è quindi la nostra fantasia a essere stuzzicata: lasciarla immaginare scene e inquadrature inedite che facciano da corollario a Happy è la cura migliore per staccare anche solo per qualche minuto il cervello, ormai fritto in un loop di informazioni quotidiane tutt’altro che rasserenanti. Fosse anche solo per questo piccolo sollievo, il ritorno di Danny come solista è una delle cose migliori degli ultimi mesi.