Storie folk appena sfornate che profumano di calore familiare.
Craig Cardiff è un cantautore di Waterloo (Ontario), un po’ misconosciuto come molta bella musica canadese uscita in anni recenti, ed è buono. In un’opera fantasy non sarebbe quasi certamente un guerriero, men che meno un orco, ma avrebbe probabilmente la parte di un eremita mago, barbuto e dagli occhi chiari, e starebbe tutto il tempo a comporre canti alla natura come Tom Bombadil.
Che sia buono come il pane – ma pane casereccio, cotto sul forno a legna di un’antica cascina – ce lo dice la sua voce dai toni limpidi, che ricordano il senso di scioglimento interno e calore che si prova quando si abbraccia un familiare o una persona amata, appena tornati a casa dopo una lunga assenza, e tutte le difese cadono di botto. Lui è così, senza nessun tipo di filtro, nudo di fronte a gioia e malinconia, e scrive racconti folk-rock per fare del bene alle persone, cosa che gli riesce alla grande.
Così anche Decorated – una canzone buona, profumata di violini, morbida, acustica, piena di dolcezza. E attraversata, come gran parte della produzione del buon Craig, da una sincerità disarmante e priva di qualsiasi retorica o melensaggine. Non è di vocette uguali a cento altre, che ci cantano parole vaghe e banali, che abbiamo bisogno in questo momento. No, non ci serve l’ennesima truffa.
Serve qualcuno che aggiunga un po’ di decorazione e qualche colore ai nostri giorni. A questi giorni, in particolare. Serve una voce come quella di Cardiff.