… e buon anno a tutti!
Ci sono mille modi per chiudere l’anno con una canzone. Alcuni lo hanno fatto in maniera epica (gli U2 con New Year’s Day), viziosa (Prince, 1999) o rabbiosa (l’accoppiata 1969 - 1970 degli Stooges). Ma questo è stato un anno particolare, che merita un anthem a sé stante.
Ci penserà il francese Yannick Rault, alias Closed Mouth, a farvi andare di traverso lo spumante da discount trangugiato a canna da soli mentre con l’occhio spiritato fisserete lo schermo blu del cellulare in attesa di una parvenza di umanità da parte di amici, conoscenti e sconosciuti fingendo che “andrà tutto bene”, pur sapendo che per i prossimi mesi il vostro unico compagno di vita sarà lo stato di agitazione in perfetto isolamento.
Melanconico e dopato, il pezzo avanza claudicante fingendo un passo solo apparentemente sicuro, come un ubriaco che ha preso troppo Xanax e tenta di mettere a fuoco i movimenti lenti facendosi strada nella nebbia sensoriale autoindotta per zittire i vermi che gli rodono i nervi banchettando con le sinapsi. Figlio di una certa darkwave chitarristica dopata, il brano striscia tossico mentre trascina un testo malato, disegnando con vernici scadenti dai colori spenti e tratti nevrotici da pennelli spezzati lo stato d’animo predominante di questo curioso dicembre 2020 fatto di distanze emotive mascherate da buoni sentimenti: una tragica unione tra paura, apatia, egoismo, sconforto, confusione e rabbia repressa che solo il tempo potrà dire a cosa porterà.
Le cose o si fanno bene o niente: buttate nel water quella bottiglia scadente e datevi alla vodka o al gin. Perlomeno l’hangover domani avrà una dignità d’essere, e riascolterete in loop The End of a Fucking Year con il sorriso plastico e nevrotico degno di un Jack Nicholson in Shining.