La sofferenza nel (r)esistere in un mondo splendido.
La Cleopatra Records è famosa per mille motivi, tra i quali quello di immettere sul mercato infinità di compilation tributo o dischi di cover. Alcuni molto validi, altri meno. Ma cosa succede se si prende uno dei produttori fondamentali degli ultimi 30 anni nonché metà dei This Mortal Coil e gli si dà carta bianca? Semplice: il mezzo capolavoro è dietro l’angolo.
Pescando tra i titoli che più ha amato nella sua vita, John Fryer – con il suo progetto Black Needle Noise – si è fatto affiancare da diversi ospiti alla voce per un album (dal titolo vagamente paraculo – These Mortal Covers) tutt’altro che banale o superfluo: ogni rilettura stravolge completamente il brano esaltandone il significato che viene rivisto da una prospettiva completamente diversa.
Una delle trasformazioni più drastiche (che vede Tom Berger alla voce) è la famosa What a Wonderful World, scritta nel 1967 dall’accoppiata Bob Thiele / George Weiss ed interpretato da Louis Armstrong: il risultato è allo stesso modo annichilente e affascinante. Una litote al contrario, uno scambio di occhiate fugaci tra ironia e sarcasmo al limite dell’eufemismo, dove con voce spezzata ma fiera viene intonato uno dei testi più positivi mai scritti, che a suo tempo ha riempito il cuore di gaudio e fiducia a milioni di persone, ma che – recitato su questa base ossessiva a spirale discendente – i cuori invece li prosciuga, goccia a goccia.
È la raffigurazione sonora dell’eterna lotta tra la speranza e la cruda realtà, dove l’essere umano cerca di resistere, nonostante tutto, ai colpi di alabarda inferti per mano di un’esistenza che schiaccia – impietosamente beffarda – ogni tentativo di propositività verso il domani.
Eppure, diceva una vecchia canzone, «si resta vivi nonostante tutto». Come un pugile che – sanguinante e claudicante sul ring mentre subisce l’ennesima serie di montanti – raccoglie le sue ultime forze per non cadere al tappeto prima del gong, cercando di preservare quel senso di dignità che lo ha accompagnato durante gli anni di allenamento, aggrappandosi a quell’orgoglio che – lui lo sa – lo rende diverso da una pecora del branco. Essere sconfitti non significa fallire, e prima o poi finisce tutto, in questo bellissimo mondo che, giustamente, se ne frega dei nostri patemi e continua a girare intorno al sole (siamo dei passeggeri ospiti, dopotutto).
Riuscire a rappresentare tutto ciò in musica è un’arte che riesce a pochi.