Rimorsi e rimpianti riflessi in un bicchiere di bourbon, tenuto da una mano insanguinata.
È possibile risultare diversi pur somigliando ad altre cose? Sì, se ci si lascia guidare dall’istinto e non si bada troppo a ciò che dovrebbe essere bello e fatto bene.
I Nomotion sono attivi da sei anni, hanno suonato un po’ ovunque e hanno svariate registrazioni all’attivo. Insomma, non sono dei novellini: ognuno di loro ha militato in diverse formazioni underground italiane (Grime, Inner Glory, Calle Della Morte, Eu’s Arse, I’ve Killed the Cat, Warfare) e sanno – appunto – fare benissimo il loro lavoro. Applicando un’attitudine che si potrebbe definire vintage, non solo lasciano le imperfezioni nel loro brano ma anzi, ne fanno il punto di forza.
Ecco allora che con il nuovo singolo (liberamente ispirato alla vicenda della Dalia Nera) il pathos sanguigno e sentito della musica (a opera di Lorenzo Della Rovere, Eros Piani, Andrea e Alessio De Colle) avvolge il cantato impreciso ma intenso di Jonny Bergman, dipingendo una storia noire a doppia lettura che viene ben descritta nel videoclip correlato.
Da chi o cosa scappa Elizabeth? È una vittima o carnefice interiore di sé stessa? La morte è intesa come fine o è l’inizio di una rinascita che si è spogliata di tutto il suo passato? Lo storytelling intimo con piglio da crooner alcolico si posa qui su un country lento sporcato di blues e bagnato di bourbon che cola nero da ogni nota, creando un’atmosfera enfaticamente struggente sino al raggiungimento del crescendo finale dove si inserisce prepotentemente la voce di Bronte Shande, quasi a suggellare un racconto troppo doloroso per essere lasciato in sospeso.
La colonna sonora ideale per queste notti malinconiche che sembrano non finire mai.