Coltelli a serramanico posati sul bordo del tavolo di un’osteria decadente.
L’errore che spesso si commette è quello di considerare il cantautorato folk come un genere appartenente ormai al passato, o – peggio ancora – illudendosi di ritrovarlo in un certo indie italiano tutto posa e zero sostanza.
Come ogni cosa, la qualità di certo non è la prima scelta che ci regalano algoritmi, pubblicità o partecipazioni tv: bisogna cercare. Solo così i veri diamanti possono essere trovati in mezzo a una miniera di carbone.
L’Amara non è una band in senso stretto: 40 anni fa l’avrebbero chiamata supergruppo. L’ideatore del progetto Adriano Vincenti (MMM, Cronaca Nera) è affiancato su questo secondo album (Cronache dal Sottosuolo) dai fidi Giovanni Leonardi (Siegfried, Carnera, Divisione Sehnsucht) e Vinz Aquarian (Calle Della Morte nonché produttore e capo della SPQR), oltre che da Trevor (Northgate), Christian Ryder (Tourdeforce), Gabriele Fagnani (Corazzata Valdemone), Gianni Caldararo (La Pietra Lunare, Vestfalia’s Peace), Vido (Spiritocrampo), Daniele Ianna (Sun’s Spectrum) e Jonny Bergman (Nomotion).
Ed è proprio quest’ultimo che troviamo dietro al microfono in questo pezzo, vera e propria murder ballad cantata con piglio da osteria malfamata di periferia in orario di chiusura. Un’affranta partita a scopa tra Douglas P., De André, il Cash più nero e Nick Cave, fatta di lacrime nascoste dentro un bicchiere di vino scadente, dove la figura del cantastorie dal cuore pugnalato e sanguinante riprende il centro della scena.
Lavori simili sono dei veri e propri gioielli che vale la pena scoprire, e pazienza se l’hipster di turno preferirà altro: quella è moda e finirà, mentre queste cose restano a lungo, seppur (ingiustamente) confinate nell’underground.