Le mille vite di un chitarrista solista che, come per magia, è diventato un cantautore folk
Il giovane Danny ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo musicale a inizio anni Ottanta. Con lui, a Seattle, persino Mike McCready, che anni dopo sarebbe diventato celebre con una sconosciuta band del Nord-ovest, i Pearl Jam.
Influenzato tanto dai Kiss quanto dai Van Halen, Danny ha continuato per i successivi trent’anni a suonare in gruppi di rock alternativo (Goodness, Rockfords, tanto per citare i più conosciuti). A metà anni Dieci, ha provato a mettersi pure dietro il microfono senza mai mollare la chitarra che l’ha accompagnato sin da bambino. Poi, con gli Sugarmakers, con i quali ha inciso tre ottimi dischi, ha invece tributato a più riprese uno dei suoi eroi: Tom Petty.
La scorsa estate Danny, con qualche capello in meno, ha cambiato pelle per l’ennesima volta. Complice l’aggravarsi di una malattia che ha colpito un suo caro amico, è andato in uno studio e ha inciso un album di folk cantautorale, intimo quanto sentito, a tratti persino struggente.
Una delle tante gemme contenute in Mackerel Sky è senz’altro Brighter, ode alla forza che dà sentirsi parte di qualcosa (che sia la famiglia o una comunità di persone), messaggio per certi versi simile al pensiero di Martin Luther King: «Dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli o periremo insieme come stolti». Chiaro e limpido, proprio come Danny Newcomb.