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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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Black Circle: Drive Home in the Rain
Eddie, Mike, Stone, Matt, Jeff... ah no

Black Circle
Drive Home in the Rain

Dal Brasile con furore: la trasformazione di una cover band.

Nonostante la storia sia piuttosto recente, vale comunque la pena raccontarla. A gennaio i Pearl Jam pubblicano il primo singolo tratto dal loro nuovo album. Tempo nemmeno ventiquattro ore e una cover band di Rio de Janeiro – i Black Circle - ne suona un ottimo rifacimento in un video che diventa ben presto virale, tra plausi dei componenti della formazione di Seattle e tweet increduli quanto eccitati di Mike McCready, il loro chitarrista.

Dopo una diretta su YouTube, i Black Circle vengono contatti telefonicamente niente meno che da Eddie Vedder e consorte che si complimentano nuovamente e inviano loro una foto con la famiglia al gran completo che indossa le t-shirt del gruppo brasiliano. Roba da far perdere la testa a qualsiasi fan, insomma.

Tempo qualche mese e loro, invece che pensare a un futuro in giro per il mondo come copia carbone dei loro eroi, iniziano a formarsi una propria identità, chiaramente figlia diretta dei propri ascolti. Dopo alcuni singoli, esce infine il disco di debutto che contiene ben nove canzoni inedite più una cover degli Who (la cosa non stupisce, allungando la catena di quelli che potremmo chiamare ascolti degli ascolti).

Mercury è un lavoro compatto e convincente, rivolto soprattutto a chi è cresciuto a pane e grunge. Questa è una delle migliori tracce della raccolta e ricorda le composizioni elettroacustiche degli Alice in Chains d’inizio carriera – quelli dell’EP Sap per intenderci – senza però far pensare ad alcun plagio. «A lesson to be applied», come direbbe proprio il “vecchio” e caro Eddie.

Black Circle 

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