Il ritorno all’era romantica della matematica.
Non deve essere facile fare il musicista per te, figlio di una leggenda della musica. Qualsiasi cosa farai sarà sempre e comunque paragonata a quanto fatto da tuo padre, la cui ombra inesorabilmente seguirà le tue gesta, perlomeno da parte della critica dozzinale.
D’altronde è impossibile cambiare le cose, e se colui che ha contribuito a metterti al mondo è stato un membro chiave dei Cure negli anni ‘80 (checché ne dicano i detrattori, Lol era il batterista migliore possibile per la band in quegli anni) è normale che la cosa venga citata.
Ma il tutto finisce qui.
Dopo una lunga gavetta zeppa di singoli ed EP, i Topographies, capitanati da Gray Tolhurst, arrivano a quella che una volta veniva considerata la consacrazione dell’album (in uscita entro l’anno) e scelgono come singolo Rose of Sharon, un brano che ricorderà i Cure solo a chi proprio ce li vuole trovare. Qui infatti ci muoviamo in ambienti shoegaze, con venature dream-pop e un’attitudine tendenzialmente solare che ci presenta una band sì giovane, ma già in grado di creare un acquarello tutt’altro che banale, piacevolmente senza tempo, con rimandi al post-punk “moderno” e un occhio di riguardo alle melodie, che potrebbe andare in heavy rotation nelle College radio americane diventando un piccolo cult.
Con una qualità simile non stupirebbe vederli, appena sarà possibile, su un palco di qualche festival prestigioso: teneteli d’occhio.