Dai, alla fine me l’ero immaginata più brutta, l’apocalisse.
Veniamo da un anno in cui la famosa fine del mondo (come ce l’eravamo immaginata) ci ha preso in contropiede, nel senso che il mondo (o almeno il mondo as we know it) ha cessato di esistere nel giro di due colpi di tosse, quando ancora pensavamo bastasse eliminare i pipistrelli dalla nostra dieta per far passare la paura. Così è andata che ci siamo inventati last minute questo concetto di new normal dentro cui rifugiarci, perché intorno di normale c’era rimasto ben poco, e piano piano abbiamo iniziato a imparare a goderci il sospetto che ci fosse qualcosa di stranamente confortante nell’accogliere con serenità – a suon di canti stonati dai balconi e rassicurati dallo zen dell’arte della panificazione – la disfatta di tutto ciò che fino al giorno prima era la nostra quotidianità.
Eppure Henry Laufer ci aveva avvertiti, nemmeno troppo tempo fa. The End risale solo all’anno scorso e concludeva la sua esplorazione attorno alla desolazione distopica del reale con un ammonimento che – parole sue – suonava più o meno così: cerchiamo di non farci fregare dalla «fake peace of insularity during chaos». Figuriamoci se gli abbiamo dato retta. Eppure lui – col nuovo EP Heaven Inc. – dimostra di non essersela presa. Anzi, in pratica ci ha già preparato la colonna sonora perfetta per quel che ci aspetta. E no, non fa ridere.
Misanthrope è una distesa di elettronica granulare che mischia le sue influenze in un qualcosa di unico e ben riconoscibile, mentre si autodefinisce (e contemporaneamente ci definisce) in una parola sola, raccontata con una melodia serpeggiante, raffiche di laser frammentati e una tensione emotiva palpabile, pronta a crescere fino al giusto, ovvero un attimo prima di quando non riusciresti più a reggerla. Tensione perfettamente resa, a livello visuale, dall’impressionante lavoro dello studio di grafica sperimentale Actual Objects (che ha curato anche i video di tutti gli altri singoli estratti dal disco e il cui talento avevamo già apprezzato su pezzi di Baauer, Kanye West e Travis Scott), abilissimo nel comporre un ibrido inquietante tra il makeup e le ambientazioni tanto care al true norwegian black metal e un’estetica che farà la gioia dei gamers più accaniti, in un’atmosfera da giorno del giudizio futuribile già domani.
Non ci sono santi: è ancora la migliore IDM che potete trovare in giro al momento, quella di Shlohmo. Claustrofobica, ma piena di spifferi quanto basta per farti respirare. Apparentemente inorganica, ma suggestiva e rilevante come non mai.