Dream-grunge e bassissimo profilo, da Dublino con rabbia.
Magari non tutti sono stati informati, ma l’Irlanda regala sempre belle soddisfazioni quando si parla di nuova musica. C’è tutta una generazione fresca o abbastanza fresca di cantautori potenti, non necessariamente legati alla sempre vivissima musica tradizionale, anche se bene o male a un certo punto capita che ci finiscano con almeno mezzo piede dentro, quando non con tutti e due.
Ecco, è onestamente difficile immaginarsi fra qualche anno Lizzie Fitzpatrick con in mano una concertina, in mezzo a vecchi con camicie a quadri e pinte di Guinness. Va bene che nella vita non si può mai dire, ma già l’aver fondato – con due amici, in una piccola cucina di Dublino – un power trio dream-grunge chiamato Bitch Falcon dovrebbe fornire indizi sul fatto che quantomeno non rientra nei suoi programmi per il prossimo futuro, oltre che stabilire in modo sufficientemente chiaro che l’identità artistica del gruppo non si basa sul basso profilo.
L’impressione è confermata appena si spinge play e parte la traccia che anticipa Staring at Clocks, che sarà pure il titolo del debutto della band. Martyr è rabbiosa, poggiata su riff di chitarra e basso intrecciati, e tutta in salita, un muro di suono che oscilla dal medio, all’alto, al medio, all’altissimo, in un crescendo mozzafiato che finisce in distorsioni selvagge e probabilmente corde strappate coi denti e microfoni presi a capocciate come farebbe Giorgio Canali.
Sembra essersi ascoltata parecchio PJ Harvey, la ragazza, e pure un po’ Elizabeth Fraser, nelle pause, perché se si va oltre l’impatto punk e cattivo, anche negli effetti della chitarra c’è quel che di sognante, di curato. Visto il risultato finale, tocca aspettarsi grandi cose da questi tre. Terribili, certo, ma grandi.