Ecco, avete fatto incazzare Antony.
Quella di Antony è stata una delle voci più affascinanti degli anni Duemila. Uscito dal giro dei Current 93 di David Tibet, ha regalato, come Antony and the Johnsons, alcune vere e proprie perle della musica d’autore. Poi ha preso decisioni drastiche: Ha cambiato nome in Anohni, ha sterzato verso soluzioni più pop ed elettroniche con risultati altalenanti, ha partecipato a qualche featuring piacevole e poco più e ha perso forse un po’ di smalto, come se le unghie si fossero arrotondate. Fino a oggi.
La situazione politica attuale infatti sembra aver infiammato l’animo della cantante anglo-americana, rimasta annichilita di fronte alla convention repubblicana tenutasi a Washington e Charlotte DC. Il risultato è uno dei brani più violenti mai registrati nella sua carriera: basato su un loop di una sua performance newyorkese di vent’anni fa, il pezzo gronda rabbia, dolore e insoddisfazione fusi in una spirale abrasiva dove gli spoken word distorti sono delle polaroid chiare e spietate che mettono sotto i riflettori le nefandezze che si stanno perpetuando negli Stati Uniti all’ombra del COVID.
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Un soundscape asfissiante che fa da base a una critica feroce nei confronti di Trump («un assassino»), i Repubblicani e Fox News, oltre alle lobby che, incuranti delle sorti dei popoli e del pianeta, continuano ad alimentare il proprio bisogno di potere. Un brano difficile, duro, ostico, che prende lo stomaco e costringe l’ascoltatore a riflettere.
Se il fine ultimo dell’arte è smuovere animi e coscienze, R.N.C. 2020 è un terremoto emotivo totale. Ascoltatelo. Leggete le parole sotto al video. Riflettete. Riascoltatelo. Rileggete. E poi di nuovo.