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Whitechapel: Doom Woods
Tutti appena usciti dal barbiere

Ancora una volta insieme a Belzebù in una valle di lacrime.

Canzone di chiusura di The Valley del 2019, Doom Woods viene riproposta con un nuovo visualizer, per farci ricordare, forse, quanto la bordata in faccia di un disco come questo possa protrarsi anche nell’anno successivo. E anche a livello di immagini, la cosa è molto interessante. Le tonalità da videogame horror di nuova generazione ben si integrano con un panorama di genere che ormai difficilmente può non fare i conti col mondo videoludico. Marketing orientation a parte, qui si fa sul serio.

Non è infatti eresia considerare i Whitechapel come una delle realtà più rodate di quel fenomeno che ha preso dagli Slipknot e dal metalcore, fortunatamente dimenticandosi delle parti in clean vocals che ormai – vabbè la diciamo tutta – hanno decisamente rotto le scatole, soprattutto se inserite – ancora una volta – per un motivo di affabilità. Un colpo al cerchio e uno alla botte, insomma.

I ragazzi di Knoxville, Tennessee – sempre con il cuore ai territori inglesi bazzicati da personaggi come Jack the Ripper – restano dunque una band da seguire per gli appassionati di una scena che vuole ancora definirsi metal, con tutti i crismi del caso. Senza spacciarsi per ciò che non è e parallelamente ricordandosi che deve comunque portare avanti un’evoluzione che la faccia emergere dalla nicchia metallofila d’appartenenza.

Suoni moderni ma non di plastica, un impianto melodico non così sfacciato e le growl-vocals di Phil Bozeman che riescono a tenere botta anche a confronto con reminescenze Cannibal Corpse e Bloodbath. Un testo qualsiasi sul demonio e sugli incubi dell’adolescenza fa il resto.

Whitechapel 

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