Non ha intenzione di spegnersi, la luce del nuovo guru del soul.
«We’re miles apart / But safe from dreams».
Tratta dal riuscitissimo (forse il più riuscito della carriera) album omonimo del 2019, Light ci appare come la luce che effettivamente si ritrova a essere. Un barlume, tenue ma parallelamente caldo, una guida che – seppur fioca – riesce a farci orientare nella notte dell’anima (per citare l’ultimo Van Morrison).
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Il cantautore anglo-ugandese si districa abilmente tra un retaggio soul e una pletora di altre influenze più disparate (dalla psichedelia al neo-folk, all’indie, al jazz) e riesce a coordinare il tutto sotto l’egida del suo nome, impresso in copertina: Kiwanuka. Un album che sfida addirittura la propria identità, tema ormai caro all’artista contemporaneo. O almeno così sembra.
I suoni sono ancora quelli del Ben Harper più intimista, ma la ricchezza del percorso di Kiwanuka si setta su diramazioni personalissime e autentiche. Difficilmente vedremo sparire alla svelta un personaggio come questo. E ancora da oltremanica arrivano le soluzioni musicali più funzionanti dell’ultimo lustro.
Nel perfetto incontro tra passato e futuro, Light ci fa assaporare ancora l’ennesimo colpo di coda di un disco da tenere fieramente nella propria collezione di vinili. World-music, soul o cosa vi pare.