Stavolta il cerchio di fuoco uccide davvero.
Quando ci approcciamo a una cover, una delle prime cose che pensiamo in maniera razionale è “chissà che ne penserebbe l’autore originale”. Certo, magari gli farebbe pure schifo (basti pensare a James Hetfield che ascolta gli abomini di Marco Masini), ma per quanto sia, le royalties fanno sempre comodo e quindi o tesse lodi o tace. Ma se il compositore è morto? Allora senza possibili dichiarazioni, dobbiamo proprio metterci nei suoi panni.
Ecco, credo che sia June Carter Cash (che la scrisse insieme a Merle Kilgore) sia Johnny Cash adorerebbero alla follia questa versione. Basti pensare a come Johnny reinterpretò dei classici contemporanei stravolgendoli e facendoli suoi pur lasciando intatta la qualità intrinseca di parole e musica.
Ci voleva un piccolo supergruppo per affrontare uno dei brani country più famosi di sempre senza risultare banali. Gitane Demone (Christian Death, Demonix), Rikk Agnew (Christian Death, Adolescents, D.I.), Taquila Mockingbird (una vera leggenda della scena punk e alternative a stelle e strisce) ed Ed Keller come ospite alla tromba trasformano un pezzo saltellante con tanto di fiati messicani in un magma rumoristico in cui la balera malfamata dell’America profonda diventa un paesaggio apocalittico dove le fiamme non sono solo cantate ma guizzano fameliche e paranoiche, inghiottendo l’ascoltatore in un girone infernale degno di un Wagner visionario. Come se vivesse e scrivesse oggi, sotto barbiturici. In mezzo a tutto ciò, anche le semplici frasi del testo assumomo un significato diverso, trasformandosi da amore, in puro terrore.
Rozz Williams, ovunque sia, sta guardando compiaciuto i suoi ex compagni mentre Cash, assorto, passandogli una sigaretta sussurra “altro che mia cognata”.