Una navicella di metallo in orbita attorno al pianeta di Ottone.
Ci sono musicisti che con la loro musica hanno dato vita a generi inediti, che si sono evoluti, che hanno sempre mantenuto alta la qualità delle loro uscite. Poi ci sono i Voivod.
Forse LA band che più di tutte ha sempre fatto storia a sé: pur nei suoi cambi di line-up e nelle sue sfighe, la gang canadese ha sempre alzato l’asticella. Se pensate di ascoltare qualcosa di nuovo, tranquilli: solitamente loro lo hanno fatto dieci anni prima, e meglio.
↦ Leggi anche:
E-Force: Provocation
La formazione attuale (gli storici Snake e Away affiancati dai giovani Chewy e Rocky) è quella che ha dato alle stampe il capolavoro assoluto chiamato The Wake, album incredibile dove i Nostri raggiungono galassie sonore mai toccate prima, al punto tale da venir finalmente premiati prima con un Juno Award e poi – cosa formalmente singolare per una band come la loro – lodati al Montreal Jazz Festival del 2019. In quell’occasione avevano presentato due brani riarrangiati, ed esce proprio in questi giorni la nuova versione studio di The End of Dormancy, qui suonata assieme a un quintetto di ottoni.
L’innesto è incredibile: non solo non è assolutamente fuori luogo, ma anzi ne accresce la cinematograficità, fondendo l’epicità tipica dei colossal di fine anni Cinquanta/primi Sessanta (Ben Hur, I Dieci Comandamenti, Barabba, Spartaco) del riff portante con soluzioni techno-thrash che sfociano più di una volta nel progressive intelligente e meno autoindulgente, dove i fiati si lanciano in soluzioni ai confini con un free-jazz paranoide. Una vera e propria suite che lascia a bocca aperta per le infinite sfumature che, come pezzi di un mosaico, ci raccontano una storia in maniera ineccepibile.
Ascolto obbligato per tutti coloro non si accontentano delle solite cose. Ora e sempre, To the Death!
P.S. Sia il testo sia il video sono stati concepiti molto prima dell’emergenza Covid. Purtroppo – come con Killing Technology 33 anni fa – anche oggi i Voivod ci avevano visto lungo.