Tutta la magia, la potenza e l’efficacia della vera blackness.
È ormai convinzione comune che il mistero sia un lusso che rock e pop non si possono più permettere. Ci prova ancora qualcuno nel campo della musica elettronica, ma anche lì chi lo fa dura poco e – per il poco che dura – suona abbastanza ridicolo e anacronistico. Il fatto è che internet ci ha trasformato tutti in giornalisti d’inchiesta, investigatori del click pronti a smascherare chiunque finisca a sprecare inutilmente troppa fatica nel crearsi una sorta di aura enigmatica che verrà prontamente rivelata online nel giro di due thread su Reddit.
Quindi giù il cappello di fronte ai SAULT, che l’anno scorso hanno partorito due album nel corso di sei mesi, senza che nessuno sia stato capace di cavare un ragno dal buco riguardo alla loro identità. Chi c’è dietro? Dean Josiah (già produttore e co-autore di Michael Kiwanuka, Saturdays e Little Simz)? L’ugola calda di Cleo Sol? O forse addirittura la collaboratrice di Kanye West, Kid Sister? Nessuna conferma, nessuna smentita.
Rimaniamo quindi sulle poche cose certe. Per esempio sul fatto che, chiunque sia il responsabile, è a dir poco prolifico. Infatti – così di botto, senza alcuna anticipazione, come del resto c’era da aspettarsi – si presenta già con il terzo disco in nemmeno un anno e altre venti tracce che mettono in tavola una delle proposte più incisive sul mercato. Groove splendidamente black e vagamente dub/funk che riecheggiano rimandi a ESG e Can, voci soul e dolcezze barricadere che si piazzano a metà tra Algiers e Portishead, la Motown che si fa afrobeat psichedelico, senza mai dimenticarsi un tocco arty e un appeal smaccatamente pop.
Hard Life è perfezione minimale, militante e sofisticata che, senza alzare la voce, dice più di tanto chiasso riguardo alla storia di lotte e resilienza della comunità nera contro brutalità varie e razzismo sistemico. Armonie moderne che rimbalzano orgogliose nei solchi della tradizione, come nell’apertura gospel finale, il cui coro da spiritual («everything is gonna be alright, because God is on our side») denota non poca speranza e un pizzico di ironia in salsa #andratuttobene, vista la situazione attuale.
UNTITLED (Black Is) lo trovate gratis sul loro sito. Oppure su Bandcamp, scaricabile secondo la formula “Name your price”. La cifra che deciderete di pagare andrà tutta in beneficenza. Forse ha più senso che iniziate a cercare due spiccioli in tasca invece di continuare a postare quadrati neri su Instagram, che dite?