Ormai anziani? Forse. Ma sempre incazzati e attuali.
Se c’è una cosa che lascia un po’ interdetti coloro che, nonostante abbiano passato gli anta da un po’, riescono a mantenere la testa funzionante senza farsela friggere dai social media, è il vedere che la musica intesa come forma di protesta sociale non sia più appannaggio delle sole generazioni più giovani. Anzi – se vogliamo cercare un messaggio (profondo, condivisibile o discutibile che sia) che vada un poco più a fondo del semplice post da indignati – oggi spesso bisogna rivolgersi ai vecchietti. Vale ad esempio per gente come Roger Waters, Neil Young, Patti Smith, Thurston Moore, Massive Attack e Mike Patton.
Proprio la voce dei Faith No More è quella che, senza dichiarazioni plateali, ha occupato gli ultimi mesi a condannare ciò che sta succedendo a livello socioeconomico e politico nel mondo, con un occhio di riguardo alle questioni razziali. E per farlo ha riesumato o collaborato a vari progetti con cui ha proposto cover del passato con dei testi tutt’altro che superficiali. Dopo l’ospitata con gli Stormtroopers of Death e la riesumazione dei Mr. Bungle, Mike oggi fa risuonare i Dead Cross approcciandosi al classico dei Black Flag Rise Above e il risultato è micidiale.
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L’intro, affidata allo sfogo di un cittadino di Los Angeles riguardo alla violenza ingiustificata della polizia, prepara l’azione per due minuti carichi di rabbia che aggiornano e contestualizzato il classico senza tempo di Henry Rollins & Co.
Non basta fare le magliette con scritto Black Lives Matter: bisogna agire e gridarlo. Magari sostituendo Black con All e ampliando il concetto a ogni sopruso perpetuato quotidianamente nel mondo a opera di servi dello Stato che sfogano sul popolo le proprie frustrazioni.