Un inno all’eterno femmineo, foriero di grazia esistenziale.
La Sub Pop e Seattle non sono solo il grunge. Malgrado questo assioma sia rimasto un marchio alquanto indelebile degli ultimi trent’anni, l’etichetta dei Nirvana, dei Mudhoney e degli Afghan Whigs sa anche partorire sonorità improbabili e contaminate.
Gli Shabbazz Palaces ne sono un esempio. Potrebbero essere stati generati dai meticciati culturali di Londra o New York, visti i loro ibridi sonori che mescolano hip-hop, nu-soul, linee elettroniche e sperimentazione, e invece sono nati all’ombra dello Space Needle, dal felice connubio artistico di Ishmael Butler (già Digable Planets) e di Tendai Maraire.
Ishmael, figlio di un professore di storia, ha sempre avuto una sensibilità peculiare per le questioni sociali e si è sempre rifiutato di trasformare la sua musica in un prodotto alla moda. Il flow creativo scavalca ogni etichetta anche in questo brano, che è un omaggio a tutte le donne della sua vita e, più in generale, al femminile come fattore divino e generante dell’intero universo.
Staccandosi dai cliché misogini e sessisti del rap, Mr. Butler ringrazia tutte le compagne e amiche che l’hanno aiutato a crescere e che gli hanno dato la forza di diventare ciò che è, omaggia la madre e le figlie che l’hanno costretto a ribaltare la prospettiva dello sguardo maschile rispetto alla realtà.
Due cose gli hanno cambiato la vita, dice: l’hip-hop e le donne. Il primo si perpetra anche attraverso la visione musicale del figlio Lil Tracy, mentre le seconde vengono celebrate attraverso il mantra ripetuto fino all’ossessione: «I’m thanking you girls, I’m loving you».