Fantascienza presente, contro la crisi delle nascite.
«Te lo sai oggi a che ora mi son svegliato? Alle sette meno un quarto. E la bambina mi ha pure vomitato un’anguria nelle scarpe». Così si giustificava il maestro Quelo. Perché la paternità ognuno la prende a modo suo. Chi piange di gioia felice come una pasqua, chi bestemmia i santi e le aziende produttrici di profilattici in nome di sane dormite che nessuno gli ridarà mai più indietro.
Alan Myson invece ha fatto un disco. Tra un biberon, una bizza e un pannolino sporco, con delle borse sotto gli occhi che la Ryanair non gli avrebbe mai passato come bagaglio a mano, ha partorito il frutto di innumerevoli notti insonni, nella splendida forma di quello che si candida a essere uno dei migliori album di elettronica d’atmosfera dell’anno.
Non è un caso, infatti, se Outland sembra concepito per essere ascoltato quando il sole ha gettato la spugna. Ogni sera dopo l’ultimo TG, oppure per sei mesi di fila, nel lungo inverno di Tromsø.
Altrettanto coerenti i passi della gestazione. Abbandonare il caos del centro cittadino e trasferirsi in campagna. Mettere su tutto il meglio delle ninne nanne stregate di Zomby e Burial, senza mai dimenticare – nemmeno per un attimo – la lezione imparata da Carpenter. Plasmare di conseguenza quella che potrebbe essere la colonna sonora di un videogame distopico, ambientato negli scantinati di una sala giochi abbandonata, infestata dai fantasmi della gente morta di inedia sul divano, mentre guardava Stranger Things.
Leaving the Grid dà l’impressione di esistere e replicarsi in un universo tutto suo, ti assorbe nel suo labirinto sci-fi, ti lusinga con la sua natura caleidoscopica che a ogni giro rivela nuovi livelli e passaggi segreti. È un trip apocalittico che vorrebbe consumarti dall’interno e per intero, come lo spazio oscuro e vuoto in cui galleggia rassegnato l’ultimo astronauta abbandonato da una qualche navicella spaziale.
Il consiglio è di lasciarsi trasportare dalla deriva, accettando il proprio destino con serenità cosmica e ineluttabilità klingon. «Resistance is futile», diceva il saggio.