La nuova faccia di Will Toledo è quella che non ti aspetti.
Simpaticamente qualcuno, in rete, ha già definito Making a Door Less Open «il Kid A dei Car Seat Headrest». A livello musicale siamo proprio altrove, ma il discorso può avere il suo senso se si considera come non si fosse mai visto un Will Toledo così attento ad andare oltre delle sonorità che avevano già mietuto il loro colpo definitivo con Teens of Denial.
Lo stesso Toledo, ora divenuto Trait, una maschera antigas con led come occhi, ha parlato del nuovo materiale chiemando in causa «EDM, hip hop, futurism, doo-wop, soul, and of course rock and roll». Un mix volutamente ambiguo, soprattutto come evoluzione di un disco che ha rappresentato ciò l’indie rock avrebbe potuto magistralmente divenire nell’ultimo decennio.
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Quando c’è un capolavoro sono probabilmente due le cose che si possono fare: o si tenta di bissarlo o ci si butta a capofitto in nuovi territori. Qui, senza dubbio, si sceglie la seconda strada e ci si spinge decisamente oltre. È come aver girato Il petroliere (There Will Be Blood il titolo originale) e non accontentarsi. E se il paragone probabilmente non vale per tutto l’album, è anche vero che in certi punti spicca qualcosa di davvero riuscito, come There Must Be More Than Blood appunto (interessante anche nella sua versione acustica da rock ballad).
Toledo piazza la sua ripetitiva nenia timbrica in un brano ridondante e prolisso, che però mette in pratica perfettamente le migliori intenzioni in termini di efficacia finale e tentativi di innovazione. Le perturbazioni di un anthem miracoloso come The Ballad of Costa Concordia sembrano lontane anni luce, in favore di un pattern unico di oltre sette minuti che ripesca però quel tono speciale tipico dei Car Seat Headrest, che può ancora – grazie a qualche strano fattore X – fare la differenza.