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Boy Harsher: Electric
Sì, il nylon è quello originale in cui trovarono avvolta Laura Palmer

Ballare (nemmeno troppo) cauti sui cocci di risentimento e desiderio.

A più di dieci anni dal suo apice sulle passerelle dei maggiori brand del fashion luxury, la cosiddetta minimal wave era più o meno scomparsa dai radar. I pochi rimasugli si vedevano sostanzialmente arroccati attorno a una certa purezza storica in cui gli ossequi al canone spesso non si erano tradotti che in pattern ripetitivi, apparentemente intenzionati a non voler fare nessun passo oltre la sindacale sicurezza di pararsi il culo.

Da un lustro a questa parte, la crociata di Augustus Muller e Jae Matthews è stata quella di provare a portare una boccata d’aria meno viziata al genere e – insieme a quella – una palette di suoni sorprendentemente varia, che ha spaziato dagli anni ’80 ai ’90, senza per forza puzzare di morto.

Intendiamoci: Boy Harsher fa musica per il dancefloor. Roba sintetizzata apposta per pulsare dentro corpi ricoperti di pelle e latex, che cura la sua componente sensuale con l’urgenza indecente di una sveltina nel bagno del locale e con la rabbia sofferta di tutto l’amore non corrisposto che la cosa comporta. Eppure pare avere il buon gusto di prendersi cura di emozioni così viscerali (e ben poco confortanti) con inusuale delicatezza e attenzione.

Country Girl era un vecchio EP di quattro pezzi. Recentemente la sua versione Uncut è diventata un album vero e proprio. Electric è uno dei brani aggiunti e insieme al suo nuovo video – a metà tra la versione albina di The Ring e una biondata dei Röyksopp – ha tutte le carte in regola per candidarsi a diventare il battito insistente di ognuno di noi, quando si è perso e non riesce più a ritrovarsi, però continua a cercarsi.

Questo quindi lo stato dell’arte: butta male e il tempo stringe, ma almeno abbiamo una colonna sonora. Sperimentale senza uscire dai binari, eterea pur sapendo di carne viva. In una sola parola: elettrica, appunto.

Boy Harsher 

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