L’alchimista sonoro della black music tira fuori gli alambicchi per descrivere un amore capace di varcare ogni confine, come la sua musica.
Nell’epoca di Drake qual è il futuro della black music, di quella più legata al soul e all’R&B?
Risponde Stephen Lee Bruner, in arte Thundercat, un passato nei Suicidal Tendencies, dei quali ha mantenuto quell’attitudine che lo porta a rompere gli schemi e scompaginare le carte. Il polistrumentista e produttore di Los Angeles, in uscita con l’ultimo lavoro It Is What It Is, scavalca il mainstream stereotipato delle produzioni confezionate attingendo dal bagaglio del nu-soul più sperimentale: taglia, cuce, dilata, stravolge, creando commistioni nuove a cavallo tra jazz, funky, drum’n’bass ed elettronica.
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Tra i maestri ha Flying Lotus, Erykah Badu (con la quale ha collaborato per il disco New Amerykah Part Two: Return of the Ankh) e Kendrick Lamar (che l’ha voluto nel suo album To Pimp a Butterfly), ma soprattutto conta sulla sua insana verve di mescolare i suoni creando nuovi idiomi. E quindi, volendo riaggiornare i vecchi cataloghi all’anno corrente, Mr. Bruner è più Stax che Motown, bravo com’è ad aprire la “negritudine” sonora verso nuovi orizzonti.
Innerstellar Love è uno dei pochi brani del nuovo album a non avere ospiti illustri (tra i quali si enumerano Louis Cole, Childish Gambino, Kamasi Washington) e parla di un amore che non mette limiti alla provvidenza, scavalcando le barriere dello spazio e del tempo. È proprio al di là di ogni confine possibile che Thundercat manifesta la sua vena creativa, in quel luogo interstiziale dove la destrutturazione di linee di basso aritmiche e melodie sbronze determina nuove realtà.