New Music

Una volta alla settimana compiliamo una playlist di tracce che (secondo noi) vale davvero la pena sentire, scelte tra tutte le novità in uscita.

Tracce

... Tutte le tracce che abbiamo recensito dal 2016 ad oggi. Buon ascolto.

Storie

A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

Autori

Chi siamo

Cerca...

Melt Yourself Down: Crocodile
Multi-etnicità prêt-à-porter

Un incrocio tra il gabinetto del dottor Caligari e la cabina telefonica di Doctor Who.

Dici “suonare post-punk col sax” e subito il pin di Google Maps si drizza dalle parti di Bristol, mentre la lancetta della macchina del tempo oscilla impazzita tra il ‘77 e l’81 – tradotto in due parole: Pop Group.

Di acqua ne è passata da allora sotto il ponte sospeso di Clifton e oggi qualunque sfiatata che trasformi l’ottone in oro pare debba transitare per forza attraverso i polmoni e la boccuccia di Shabaka Hutchings, che – tra i Sons of Kemet, gli Ancestors e i Comet Is Coming – si è meritato sul campo il monopolio di qualunque applicazione dello strumento al di fuori dei canoni del jazz classico.

I Melt Yourself Down sarebbero proprio il perfetto punto di contatto tra la band di Gareth Sager e l’ultima creatura del “King”. E infatti – guarda caso – Shabaka stesso faceva parte della formazione originaria del gruppo. Poi si sa, due galli in un pollaio non possono durare granché e il pollaio in questione era quello dove il sassofono più lungo ce l’aveva Pete Wareham. Così la cosa ha preso una piega più punk che fusion. Anche se messa in questi termini suona parecchio riduttiva.

Sì, perché 100% YES è non solo il nuovo album dei sei londinesi (in gran parte acquisiti, nel nome della globalizzazione etnica), ma anche la sintesi di un obiettivo giudizio al riguardo. Parla di cose serie come il lato oscuro del colonialismo inglese in India, le parti insabbiate della tragedia di Grenfell, gli effetti devastanti di droghe russe molto in voga tra i ragazzini (la krokodil citata in questo pezzo). Il bello è che lo fa con un linguaggio che non si può descrivere a parole, a meno di non voler esagerare con un’overdose di etichette. Che ne so, tipo “punk jazz funk afrobeat blues hip-hop no wave free jazz dance psychedelic rock”.

A saper disegnare, sarebbe più facile, forse. Verrebbe fuori la caricatura di Bobby Gillespie, coi rasta, il piercing al naso, un turbante tuareg in testa e in bocca – al posto di una canna – un qualunque strumento a fiato.

Anzi, no. Meglio se insieme alla canna.

Melt Yourself Down 

Vuoi continuare a leggere? Iscriviti, è gratis!

Vogliamo costruire una comunità di lettori appassionati di musica, e l’email è un buon mezzo per tenerci in contatto. Non ti preoccupare: non ne abuseremo nè la cederemo a terzi.

Nelle ultime 24 ore si sono iscritte 3 persone!