La preziosa involuzione dell’ex enfant prodige dell’indie rock di inizio Duemila.
Una regola non scritta che nel mondo musicale si è rivelata vera più di una volta: se sei un’artista di un certo calibro, tanto più ti allontani da quello per cui sei diventato famoso, quanto è sicuro che prima o poi tornerai al nocciolo della questione. Vedi Conor Oberst. Ormai entrato nel club degli anta, eccolo riformare i Bright Eyes e riappropiarsi in men che non si dica di quel formato “ballata acustica con voce tremolante” che l’ha fatto tanto applaudire dai più nel triennio 2002/2004, ma dal quale si era staccato negli ultimi tempi.
Dopo aver urlato con i Desaparecidos, aver scritto un buon disco con Phoebe Bridgers e aver girato l’america con la Mystic Valley Band, torna – a un decennio di distanza – insieme alla band che l’ha fatto conoscere un po’ a tutti, con un singolo che si lascia ascoltare più che bene. Un appetitoso antipasto, in attesa dell’album che arriverà sicuramente quest’anno. Costi quel che costi – coronavirus a parte – perché è stato proprio Oberst a prometterlo solamente qualche giorno fa.
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Nell’attesa, possiamo sempre riascoltare I’m Wide Awake, It’s Morning (disco che sta peraltro invecchiando piuttosto bene, va detto).