Sbirciare nei cassetti della memoria del thrash metal capitolino.
Jeans stretti e sneakers alte. Spillette e toppe. Glam vs thrash. Paninari al rogo. HM e Metal shock. Mariposa e Transex. Disfunzioni e Millerecords. Kailua e Inferno e Suicidio. Fanzine e Demo-tape. Donington. Il chiodo. Capelli lunghi. Birra scadente. Uniti sotto un’unica bandiera. Suonare all’Hammersmith. Sognare di farcela.
Negli anni ‘80 il metal era anche questo, e nel Bel Paese erano decine le band che ci provavano. Alcune valide, altre meno, poche con qualche risultato concreto, molte finite ancor prima di arrivare all’agognato primo LP, vera consacrazione per ogni gruppo in un’epoca dove anche registrare tre brani in maniera appena ascoltabile comportava una serie di sacrifici e sforzi economici che al giorno d’oggi sembrano impensabili.
I thrasher capitolini Outrage (citati anche in quella bibbia dell’underground metal che è Sub Terra) facevano parte di quella scena e dopo tre demo registrarono un album che per mille motivi viene pubblicato solo oggi grazie a Vincenzo Barone, già collaboratore di HM, che della band era l’ugola scapocciante.
Oltre a brani inediti, troviamo anche nuove versioni di pezzi già presenti in demo precedenti, come questa Last Fuckin’ Hour: schietta e ruvida, parte con piglio speed sparato a mille trasformandosi in un mid-tempo cadenzato per poi riprendere velocità nel finale.
Non ci si trova certo di fronte a un diamante nascosto, ma è innegabile il fascino che certe schegge di altri tempi continuano ad avere. Sarà l’innocenza, l’amarcord, l’urgenza – ma pur se registrata in maniera non certo stellare, risulta comunque più vera e credibile di mille altre produzioni leccate degli ultimi anni.