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Leeched: I, Flatline
Achille chi?

Dolore stroboscopico sparato negli occhi sbarrati.

Alla voce “malevolènza” l’enciclopedia Treccani scrive: «cattiva disposizione d’animo verso una persona – antipatia, ostilità». Se ci fosse anche una descrizione sonora, sarebbero i Leeched.

Il trio post blackened hardcore di Manchester trascina con violenza l’ascoltatore in un vortice catartico fatto di grindcore innestato con gli schemi dell’elettronica più viziosa per dare voce a liriche e suoni dove le descrizioni di un mondo senza speranza grondante odio verso l’umanità sono semplicemente la polaroid di una società odierna completamente allo sbando.

Su I, Flatline il lavoro alla batteria gronda furia industrial, accompagnato dalle chitarre lancinanti e dolorose che vanno quasi a soffocare le voci distorte al limite dell’udibile creando un wall of sound che sembra un disco dei Fantômas sotto speed suonato all’inferno. E l’inferno è il vicolo dietro casa che nessuno vuole far vedere.

Il singolo è tratto dal nuovo To Dull the Blades of Your Abuse che segue e amplifica quanto proposto nel precedente album You Took the Sun When You Left e nell’EP Nothing Will Grow from the Rotten Ground.

Puro nichilismo sonoro ed emotivo per quattro minuti e mezzo dolorosi, disturbanti e violentemente sofferenti.

Non basta fare i cattivi: bisogna metterci l’anima, e i Leeched nonostante siano giovani sono già maestri in questo. Dilaniante.

Leeched 

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