Ancora rock chitarristico che guarda agli anni Settanta, ma da molto prima che tornasse di moda.
Prima che alcuni giovani fricchettoni del Michigan entrassero prepotentemente nelle classifiche e in tanti s’interrogassero sullo stato di salute del rock odierno, c’erano i Wolfmother.
Ricordate pezzoni come Woman, White Unicorn e Joker and the Thief? Erano tutti contenuti nel loro omonimo album di debutto, pubblicato quattordici anni fa. La proposta del gruppo a quel tempo era molto simile a quella attuale dei Greta Van Fleet. Se però i secondi hanno pedissequamente copiato la formula dei Led Zeppelin, diventando – di fatto – dei loro cloni, i Wolfmother hanno invece mischiato influenze zeppeliniane con chiari rimandi a gente come Black Sabbath e AC/DC, suonandole con un’aggressività di chiara matrice punk hardcore californiano.
Non senza fatiche, il gruppo di Andrew Stockdale arriva ora alla quinta prova in studio (intitolata Rock’n’Roll Baby, perché è quello il concetto di base) che inizia sulle note di Higher, il primo singolo estratto dall’album. Non temete, le coordinate musicali sono sempre quelle e loro non sono cambiati di una virgola. Il fatto è che i loro riff non stancano proprio mai e ancora una volta fungono da spina dorsale del pezzo.
In questi tempi così strani per il rock, un gradito ritorno.