Si chiamano Tennis e cantano Runner, ma fanno una musica ad alto tasso calorico.
Una musica dolce, che sa di canditi, di caramelle dagli incarti colorati succhiate in qualche sala d’attesa del dentista, sfogliando annoiati riviste di moda in cui due tipi dall’aria strana – proprio come i Tennis – si aggirano sui set abbandonati degli anni Ottanta in cerca di una striscia da pippare o di una sigaretta da sporcare di rossetto.
Il mix di tastiere spaziali e chitarre ipertocche fanno da tapis-roulant alla voce anemica e macrobiotica di Alaina Moore ricordando gli ultimi esperimenti della vanished-bomb Kilye Minogue, il cui trip per la decade stroboscopica finì per intrappolarla artisticamente in una specie di teca da bamboline fuori moda e fuori peso.
Questi due però sono giovani, vegan-chic, americanissimi e votati al pastiche tecno-lisergico a base di endorfine e bevande iperproteiche verdi. E mentre la casalinga di Roccaferrata corre lungo l’autostrada mentale della piccola palestra di periferia, la vocina della Moore la esorta con perfidia consapevole a portare lei e il suo culo sformato nella terra promessa del pop.