Folk dall’isola dove è sempre autunno: musica che fa sanguinare.
Il video di Rose Cousins, cantautrice canadese trapiantata in Inghilterra, non è nulla di speciale, la tipica confezione austera e un po’ snob per un prodotto non facile e impegnato come il folk esistenziale di questa gran brava artista. Eppure quei musicisti dall’aria triste, raggruppati in un angolo del palco, con i loro archi e le chitarre, fanno pensare che quella non sia la tediosa ultima prova prima dello spettacolo, ma un concerto intorno al cuore della sacerdotessa pianista.
The Fraud ha qualcosa di sacro, selvaggio e allo stesso tempo laccato: cittadino, come certe escursioni spiritistiche di Sting ai tempi di The Soul Cages, quando tra immagini religiose e paesaggi desolati, vedevamo passeggiare le modelle di Valentino svolazzanti nel terribile vento di Aran.
Rose Cousins ci offre un abbraccio, un’angelica pacca leggera sulla schiena, il gesto caro di chi ci guarda e ci comprende ed è sempre vicino a noi. Impossibile non lasciarsi pervadere atmosfere così dense e calde: la voce profonda disegna brividi lungo le cosce e fibrilla i genitali, ricordandoci che nulla come le note giuste ci fa sentire il tocco gentile della vita.