Minimal, surreale e un po’ kitsch. Un debutto solista senz’altro promettente.
Roberto Grosso Sategna viene da diverse esperienze (Ten Dogs, Cosmo, Drink to Me). Il suo progetto Dieci, come i cani nella parentesi, è l’inizio di una nuova avventura artistica che sembra attingere alle poesie minimali di Davide Toffolo, che con un altro numero ha elencato i suoi ragazzi morti. Cani e zombi immersi in un pop da caffè mattutino, un po’ stropicciato e algido ma sbarazzino e curioso.
Una canzone che sbiella discretamente fra romanticismo pastellato e desolazione liceale, il dialogo tra due innamorati arranca mentre le tastiere accarezzano il gozzo e con esse la giornata avanza. Il buio cresce tra le dita e i sorrisi di una relazione che vorrebbe avere la meglio su tutto senza riuscire a vincere neanche la malinconia di un tramonto autunnale.
Il Sategna, con le sue gambe armoniose e l’aria sgualcita, il vestito elegante e l’aria sbattuta si fa largo tra incubi viventi e mostri buffi che non lo mollano un secondo. Coperta è un confetto surreal-kitsch, un po’ furbetto ma insinuante.