L’eterna lotta contro il sé che ama farsi del male.
In un’ipotetica classifica degli artisti più veri, sinceri, coerenti ed espressivi degli ultimi cinquant’anni, di sicuro tra i primi dieci posti deve esserci Steve Austin.
Con i suoi Today Is the Day dipinge dal 1992 gli orrori, le manie, le paure dell’uomo con tutte le sue contraddizioni, dove il dolore è sia temuto che catartico, la violenza è spaventosa e gratificante allo stesso tempo e la gioia della vita pesa quanto il buio dell’esistenza.
Una carriera mai statica, in cui ogni album ha rappresentato un tassello diverso della vita di Steve, unico membro stabile della band, che ha trovato nella sua musica un veicolo per esorcizzare il nemico numero uno: se stesso. Il tutto contornato da un’esistenza tutt’altro che facile, dove le gioie di una compagna eccezionale e un figlio fanno da contraltare a improvvise defezioni, perdite ingenti di denaro, incidenti stradali con infortuni invalidanti. Ci hanno fatto anche un documentario, lo splendido The Man Who Loves To Hurt Himself.
No Good to Anyone è la title-track apripista per il nuovo album in uscita a inizio 2020, ed è una summa di tutto ciò che rappresentano i Today Is the Day oggi. Sette minuti e mezzo di sangue, sudore e lacrime. Una bestia feroce ferita che vaga nella vana ricerca di un rifugio dove curarsi, tristemente conscia che è una chimera. Un drumming pachidermico e serrato unito a un basso asfissiante fanno da sostegno per le chitarre melodicamente dissonanti che lasciano spazio alla tipica voce filtrata e distorta, vero trademark della band. Un incubo sonoro in grado di colpire al cuore senza pietà, come il breakdown annunciato dall’occhio lucido mentre la bocca dello stomaco si contorce togliendo il fiato.
Maynard in confronto è un chierichetto. Lunga vita a Steve.