Inconsapevolmente post-wave. Sfacciatamente di qualità.
Ci sono un italiano, una sudafricana e un inglese a Berlino…
No, non è una barzelletta: sono gli Shybits, trio post-punk/indie di stanza nella capitale tedesca che senza colpo ferire si buttano nel mercato discografico rischiando di diventare qualcuno in poco tempo.
Come dei novelli Buzzcocks postmoderni che si accoppiano con i Sound facendo l’occhiolino ai Blonde Redhead, gli Shybits entrano nelle orecchie con melodie apparentemente semplici e leggere che però risuonano prepotentemente in testa per ore.
Bruce Lee ha tutto quello che serve per fare una popindiesong perfetta: basso in primo piano, tessiture malinconiche discendenti, arpeggi che alternano incisi noiseggianti alla chitarra, voce androgina, batteria quadrata ma zeppa di feeling, testo da loser.
Sono molto giovani e con all’attivo solo tre singoli e un EP: è ancora presto per poter dire se resteranno più o meno a lungo nelle playlist degli universitari trendy, ma di certo hanno già le carte in regola per farsi le ossa come si deve sugli stage minori dei festival che contano. Da tenere d’occhio. Gran pezzo.