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Sam Fender: Saturday
“Faccina pulita” lo dirai a tua sorella

Il fenomeno dei fighetti con la chitarra, combattuto dall’interno.

Praticamente già un mito dalle sue parti, Sam Fender si è guadagnato la reputazione di belloccio che non deve chiedere mai e l’acclamata candidatura a sfavillante promessa (data dai bookmaker d’oltremanica ormai pressoché per mantenuta) del pop fatto con la chitarra elettrica. D’altra parte, con quella faccina pulita da James Dean perbene e un cognome così, la strada era praticamente segnata e lastricata più di scelte obbligate che di buone intenzioni.

Eppure lui c’ha messo del suo, e di questo bisogna dargli atto. Nel senso, avrebbe potuto tranquillamente godersi una pacata, semplice (e soprattutto dorata) carriera da George Ezra 2.0 – ovvero un biondino da sposare, senza brufoli e disposto a tirare a campare su un paio di singoli indovinati, buoni giusto per gracchiare fuori dagli speaker bluetooth appoggiati sul tavolino di plastica della grigliata in giardino di suo zio – e invece se ne è uscito con un album di debutto in cui, in termini di temi complicati, non si fa mancare nulla. Dallo strazio dei bambini nella striscia di Gaza, all’attualità di una mascolinità così tossica da portare al suicidio, ai drammi irrisolti della vita nelle piccole città di periferia.

Saturday brilla in quest’ultima categoria, nei panni sgualciti di un’ode alla miseria di una settimana di lavoro lento e sfinente, un conto corrente bancario vuoto come il tuo entusiasmo e il conforto del weekend che quasi mai è all’altezza delle aspettative. Sono i Radiohead di Pablo Honey che avevi chiuso fuori dalla porta e ti ritrovi sotto lo zerbino, Paolo Nutini che canta Springsteen, i figli dei Rolling Stones in gita a Top of the Pops.

Ultima nota di merito al video, dove lascia saggiamente la scena a Matt King – meglio noto come lo strafattissimo Super Hans di Peep Show – che per l’occasione giura di averci regalato «the greatest dance performance ever filmed». Che dire? Christopher Walken rimane inarrivabile, ma c’è indubbiamente una discreta dose di talento anche qui.

Sam Fender 

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