La linea sottile tra fregare il sistema e sostenerlo.
Assieme ai Death in June i Laibach sono uno dei gruppi più controversi di sempre. Mai si è capito (o hanno voluto far capire) dove finiva la provocazione e dove iniziava la propaganda vera e propria. Questa proiezione è rimasta nel tempo, nonostante lo scenario politico-sociale e la musica (o perlomeno il suo valore esterno alla mera composizione/esecuzione di un brano) siano cambiate drasticamente nel corso degli ultimi 35 anni.
Eppure, messaggi a parte, i nostri continuano a mutare, e cesello dopo cesello hanno reso meno ruvido e più raffinato il loro sound, partendo da un industrial iconoclasta e approdando su lidi quasi “pop” nell’accezione meno plausibile e più folle possibile.
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Ne è un fulgido esempio questo nuovo singolo, outtake risalente alle registrazioni fatte durante un tour in Corea del Nord (la cui storia viene descritta esaustivamente nel documentario Liberation Day di Uģis Olte e Morten Traavik). Basato sull’aria facente parte dell’opera rivoluzionaria Nord Coreana Tell O’ The Forest del 1972, il brano si muove su un tappeto marziale accompagnato da melodie squisitamente orecchiabili dove fa capolino la voce monocorde e imperiosa di Milan Fras, in un gioco di contrapposizioni affascinante ed elegante che invece di snaturare la solennità del brano originale ne accentua il lato emozionale ed empatico.
Se parte dell’aurea che circonda l’ensemble ex-jugoslavo continua a rimanere misteriosa, la loro classe è indubbiamente evidente, e continua a regalare anno dopo anno musica di qualità a coloro che hanno la capacità di avvicinarsi al loro percorso senza pregiudizi.